Bioplastiche, come smaltirle? Differenze tra compostabile e biodegradabile

 

Tutto quello che bisogna sapere sullo smaltimento delle bioplastiche.

 

L’Unione Europea, dopo aver accolto i temi e gli obiettivi dell’Agenda 2030, ha varato un piano di azione per l’economia circolare. All’interno di questo piano strategico rientra anche la filiera industriale della plastica, con un occhio di riguardo alle applicazioni nel packaging.

Per ridurre le tonnellate di rifiuti in plastica l’Unione Europea incentiva e promuove lo sviluppo di sistemi di riciclaggio, riuso e sostituzione della plastica con altri materiali, anche se come abbiamo visto nello scorso articolo, non è semplice sostituire la plastica nel food packaging. Sotto i riflettori, le bioplastiche, di seguito analizziamo le loro caratteristiche e come smaltirle.

Ma quali sono le caratteristiche che differenziano questi materiali?

Analizziamo questi materiali uno alla volta per fare chiarezza:

  • Bioplastiche: sono quei materiali (polimeri) e/o manufatti che hanno la caratteristica di essere compostabili e/o biodegradabili. Le bioplastiche possono avere origine sia da fonti rinnovabili (es: origine vegetale o animale, sottoprodotti e scarti di produzione) sia dal fossile (es: il petrolio).
  • Compostabile: un materiale che può essere conferito nei rifiuti organici (o umido) perché capace di trasformarsi mediante compostaggio insieme all’umido in compost. Il compostaggio che è un processo di decomposizione biologica di una sostanza organica in condizioni controllate. Ne deriva un prodotto finale chiamato compost, una sostanza organica biologicamente stabile, inerte, inodore costituita prevalentemente da humus, microorganismi attivi e microelementi. Il compost viene spesso riutilizzato in ambito agronomico, ad esempio come fertilizzante. Un packaging è compostabile quando soddisfa tutti i requisiti definiti nella norma tecnica italiana, armonizzata a livello europeo, UNI EN 13432:20021.
  • Biodegradabile: un materiale che ha la capacità di essere degradato e alla fine scisso, in modo naturale e grazie all’azione enzimatica di microorganismi, in sostanze più semplici quali anidride carbonica, acqua e metano, senza che durante il processo siano rilasciate sostanze inquinanti. La biodegradazione è un processo naturale per cui tempo e modalità sono strettamente correlate alle caratteristiche della materia prima ma non alla sua natura chimica.

Modi di pensare comuni sullo smaltimento dei packaging realizzati con bioplastiche ed altre tipologie di materiali biodegradabili o compostabili.

Ora che conosciamo le definizioni, facciamo luce su alcuni “modi di pensare comuni” sulle modalità di smaltimento di questi materiali utilizzati nel packaging.

  • Le bioplastiche non derivano solo da fonti rinnovabili o addirittura, come a volte si pensa in modo erroneo, da fonti naturali di origine vegetale. Alcune bioplastiche possono essere originate anche a partire dal petrolio, la stessa fonte della plastica comune, e che comunque pensandoci bene rimane una fonte naturale perché di origine fossile.
  • Anche alcune plastiche come il PET possono avere origine vegetale, ma è bene precisare che non si tratta di bioplastiche e che non sono materiali biodegradabili.
  • Packaging compostabile e packaging biodegradabile non sono la stessa cosa. La compostabilità è una proprietà ben definita che viene testata e valutata secondo prove e parametri standardizzati (UNI EN 13432). Il processo stesso di compostabilità avviene in condizioni controllate di aerazione forzata e di alte temperature. Il packaging compostabile non va disperso nell’ambiente, ma andrebbe smaltito nei rifiuti organici (o umido) perché sarà indirizzato agli impianti di compostaggio industriale.
  • Una bottiglietta d’acqua (o qualsiasi altro tipo di packaging) recante la dicitura biodegradabile non va smaltita nell’ambiente né nei rifiuti organici: il fatto che sia biodegradabile non significa che sia anche compostabile, pertanto il rifiuto andrebbe conferito nell’indifferenziato. La dicitura biodegradabile di un packaging può indurre il consumatore a pensare che quel materiale sia sicuro per l’ambiente. Il problema è che molto spesso le aziende usano questo termine facendo leva più su scelte di marketing che su evidenze tecnico-scientifiche in grado di dimostrare le proprietà biodegradabili dell’imballaggio. La biodegradabilità è un processo molto complesso che dipende sia dal materiale che dalle condizioni in cui esso si trova (suolo, acqua, presenza di microorganismi ecc…) ad esser smaltito.
  • Non solo le bioplastiche ma anche i packaging in carta o cellulosa o misti (carta e bioplastica) possono essere compostabili purché rispondano ai requisiti della UNI EN 13432:2002.

Foto di Karolina Grabowska: https://www.pexels.com/it-it/foto/cibo-salutare-natura-pasto-4397922/