Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza: voci delle ricercatrici dell’Area Territoriale di Ricerca CNR di Bologna

Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza: voci delle ricercatrici del CNR Bologna 

 

L’11 febbraio si celebra la Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza, istituita nel 2015 dall’ONU – Organizzazione delle Nazioni Unite per riconoscere il ruolo fondamentale delle donne nella ricerca scientifica e promuovere una maggiore equità di genere nel settore. L’emancipazione femminile è uno dei pilastri dell’Agenda 2030, con l’obiettivo di Sviluppo Sostenibile 5: raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze.  

Questa ineguaglianza sta privando il nostro mondo di un enorme talento e forza di innovazione inespresse. Abbiamo bisogno delle prospettive femminili per assicurarci che la scienza e la tecnologia funzionino per tutti.” António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite  

L’obiettivo della giornata non è solamente riconoscere la figura femminile o attirare l’attenzione sul problema, ma promuovere azioni concrete e continue per far sì che il cambiamento sia reale, duraturo e perpetrato nei meccanismi della società, senza creare ulteriori discriminazioni e rendere la parità di genere una normalità alla base di tutti processi. La chiave sta nell’equilibrio: garantire pari opportunità senza creare barriere artificiali tra generi o gruppi, e lavorare su una cultura della meritocrazia e dell’inclusione.  

Come Tecnopolo Bologna CNR, non vogliamo solo aumentare consapevolezza, ma anche far parte dei processi di cambiamento. In occasione della giornata del 2025 abbiamo intervistato 5 donne che lavorano nell’Area Territoriale di Ricerca CNR di Bologna, per conoscere i loro pensieri, le loro preoccupazioni, ma soprattutto le loro vittorie: Francesca Alvisi (ricercatrice CNR-ISMAR), Emanuela Saracino (ricercatrice CNR-ISOF), Giulia Migliori (ricercatrice INAF-IRA), Luisa Lazzaroni (Funzionario d’amministrazione Area della Ricerca Territoriale di Bologna CNR) e Francesca Rapparini (biologa/ricercatrice CNR-IBE) . 

 

Un sistema costruito su un modello maschile 

Uno dei problemi fondamentali è che il mondo della ricerca è ancora fortemente improntato su un modello maschile, come sottolinea Francesca Alvisi: “Le donne devono giocare su un terreno fatto a misura di uomo e quindi partono sempre svantaggiate, salvo riuscire a rapportarsi in maniera ‘maschile’, e quindi peggiore degli uomini stessi”. Secondo le intervistate, questo si traduce in una minore presenza femminile nei ruoli apicali, minori opportunità di carriera e una crescente pressione competitiva che spesso penalizza le donne. Giulia Migliori aggiunge che il concetto stesso di leadership andrebbe rivisto, perché costruito su parametri che le donne non hanno contribuito a definire; è come “liberare un cassetto (magari quello più in basso e più piccolo) quando si inizia una convivenza, quando invece sarebbe da cambiare l’armadio intero o l’abitazione”. 

Le statistiche confermano questo divario. Luisa Lazzaroni riporta che, nella pagina dell’ONU dedicata alla giornata del 11 febbraio, si legge: “Negli ultimi 15 anni, la comunità internazionale ha fatto molti sforzi per ispirare e coinvolgere le donne e le ragazze nella scienza. Tuttavia, le donne e le ragazze continuano a essere escluse dalla piena partecipazione alla scienza. Attualmente, meno del 30% dei ricercatori in tutto il mondo sono donne”. Emanuela Saracino evidenzia che “le ricercatrici hanno più probabilità di avere contratti a tempo determinato e meno stabilità rispetto ai colleghi uomini, rendendo più difficile costruire una carriera a lungo termine”. Non solo: a parità di competenze e ruolo, le donne guadagnano meno e ottengono meno finanziamenti per i loro progetti di ricerca. Esiste un effetto Matilda, spiega ancora Saracino, ovvero la tendenza a sottovalutare i contributi scientifici delle donne o attribuirli ai colleghi uomini.  

 

Perché una giornata dedicata? 

Per molte delle intervistate, la Giornata delle Donne e delle Ragazze nella Scienza ha un valore simbolico, ma anche pratico. Serve a mantenere alta l’attenzione su questioni ancora irrisolte e a ispirare le nuove generazioni. “Aiuta a spingere governi, università e aziende a implementare politiche più inclusive”, afferma Emanuela Saracino. Dello stesso parere Giulia Migliori, che sottolinea come questa giornata debba essere parte di un impegno continuo per sensibilizzare e promuovere il cambiamento culturale fin dalle scuole. Anche Francesca Rapparini evidenzia che una maggiore partecipazione delle donne alla scienza è un beneficio collettivo, non solo individuale, perché porta a una maggiore diversità di pensiero e a soluzioni più innovative. Secondo Luisa Lazzaroni “l’11 febbraio deve essere un’occasione importante per riflettere sia sul ruolo fondamentale che le donne svolgono nello sviluppo della conoscenza sia per prendere coscienza dei vari ‘colli di bottiglia’ che donne e ragazze incontrano sulla strada verso una carriera scientifica”. 

 

Quanto siamo lontani dalla parità di genere? 

I dati parlano chiaro: siamo ancora lontani da una piena equità. “Se analizziamo il numero delle donne a capo di un’università italiana, su 84 atenei solo 6 hanno una rettore donna”, evidenzia Luisa Lazzaroni. Anche nelle istituzioni di ricerca, la presenza femminile ai vertici è ancora limitata. Come riporta Emanuela Saracino “un recente dato che dimostra che gli studi condotti dalle donne sono meno citati rispetto a quelli dei colleghi uomini.   

Le soluzioni? Secondo Emanuela Saracino, servono politiche di sostegno come borse di studio per studentesse STEM, più visibilità per le scienziate e un cambiamento nei criteri di valutazione scientifica per ridurre i bias di genere. Bisogna lavorare su una rivoluzione culturale, a partire dall’educazione scolastica, per eliminare gli stereotipi che scoraggiano le bambine dall’intraprendere carriere scientifiche, suggerisce Luisa Lazzaroni. Questa giornata non riguarda solo le donne già attive nella ricerca, ma anche le ragazze che potrebbero intraprendere questa strada, affrontando sfide e pregiudizi che ancora oggi limitano le opportunità di carriera femminili.   

Francesca Rapparini aggiunge che le opportunità per le donne variano molto a livello internazionale. In alcuni paesi del Nord Europa, le assenze per maternità sono considerate normali e non penalizzanti, mentre in Italia spesso vengono omesse dai curriculum per paura di essere scartate.  

 

Le sfide lungo il percorso 

Alla domanda relativa alla possibilità di cambiare strada a causa di ostacoli legati a stereotipi di genere o pressioni sociali, le ricercatrici hanno espresso le loro esperienze positive e negative. Francesca Alvisi afferma che spesso ha pensato di cambiare strada “però a causa di pressioni esercitate più da parte di donne che di uomini”, facendo riflettere sul fatto che tutte e tutti possiamo essere influenzati da dinamiche discriminatorie. Emanuela Saracino invece riferisce “ci hanno insegnato a sentirci fortunate e non brave (…) Ho provato a lasciarmi convincere a scegliere una strada più semplice (…) ma ho sempre saputo qual era il mio posto”.  Giulia Migliori evidenzia anche il problema della conciliazione tra carriera e vita privata, sottolineando come il peso della genitorialità sia ancora sbilanciato sulle donne, penalizzandole professionalmente.  

Lazzaroni sottolinea che, nella ricerca scientifica, oltre alla discriminazione di genere, il personale tecnico e amministrativo è spesso visto come un ostacolo burocratico. Lo stesso vale per chi si occupa di divulgazione, considerato poco utile nonostante il suo ruolo fondamentale. Una frase emblematica che ha sentito dire: “Vuoi fare due lavori inutili insieme? E chi risponde al telefono se tu vai a raccontare cosa facciamo noi ricercatori?” 

Il cambiare strada non è necessariamente una sconfitta, ma una scelta bilanciata tra carriera e bisogni personali, per trovare qualcosa che ci renda davvero felici. È importante sottolineare, come evidenziato dalle intervistate, che questa scelta non sarebbe così drastica se esistesse un sistema di supporto adeguato.  

 

La scienza ha bisogno delle donne 

Nonostante tutto, le scienziate continuano a lottare per il riconoscimento che meritano. La loro presenza è fondamentale non solo per la parità di genere, ma anche per il progresso scientifico. Come sottolinea Francesca Rapparini: La parità di genere nella scienza non deve basarsi su una selezione per ‘discriminazione positiva’, ma sul merito (…) Serve un processo continuo di revisione dei metodi e degli approcci con cui le opportunità vengono fornite per garantire una reale uguaglianza di genere”. 

A proposito di approcci, Luisa Lazzaroni ritiene che sia “fondamentale che le donne possano accedere a un più ampio spettro di prospettive in tutto il settore tecnologico-scientifico e promuovere una maggiore diversità per garantire la creazione di soluzioni scientifiche e tecnologie create da una pluralità di persone ricche delle più varie esperienze di vita e in questo modo garantire la totale rappresentanza, anche di genere”.  

L’11 febbraio è un’occasione per riflettere su quanto resta ancora da fare. Ma il vero cambiamento passa dall’impegno quotidiano, dalle politiche concrete e dalla volontà di costruire un futuro in cui le donne possano contribuire alla scienza senza ostacoli e senza dover dimostrare il doppio per essere considerate alla pari. “Per ogni volta che mi sono sentita dire ‘sei bella’ piuttosto che ‘sei brava’ ho scritto una pagina della mia carriera” dice orgogliosamente Emanuela Saracino.  

Francesca Rapparini cita Michela Murgia: “Se avete passato un quarto della vostra vita a studiare, laurearvi, prendere un dottorato, imparare una lingua in più e fare un master di specializzazione, chiamarvi signora o signorina è un modo per ricordarvi che la vostra competenza viene comunque dopo il vostro status civile in rapporto ad un uomo”.  

Iniziativa realizzata in occasione del decimo anniversario della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, su proposta della Commissione Divulgazione dell’Area Territoriale di Ricerca CNR di Bologna e realizzata in collaborazione con il Tecnopolo Bologna CNR e i laboratori MISTER Smart Innovation PROAMBIENTE

Articolo realizzato da Giulia Magnani, Inés Pérez, Simona Schettino e Irene Tognazzi.