Donne e Scienza: le loro storie, la nostra sfida – Intervista a Luisa Lazzaroni dell’Area della Ricerca Territoriale di Bologna CNR

In occasione della Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza, che si celebra l’11 febbraio, abbiamo intervistato 5 donne che lavorano nell’Area Territoriale di Ricerca CNR di Bologna. Il nostro obiettivo? Accendere i riflettori su una realtà che spesso passa inosservata o inascoltata: il divario di genere nel mondo della ricerca scientifica. 

Vogliamo parlare di ostacoli invisibili, di leadership ancora troppo sbilanciata, di talenti che faticano a emergere non per mancanza di merito, ma per un sistema che non sempre gioca a favore delle donne. Dati e statistiche non sono troppo incoraggianti, ma la scienza non è fatta solo di numeri, è fatta di persone. Di donne che ogni giorno mettono talento, passione e competenza in un mondo che spesso non le riconosce abbastanza. 

Vogliamo capire a fondo la situazione, analizzarla con dati e testimonianze, e soprattutto aprire un dialogo su come cambiare le cose. Abbiamo pubblicato un primo articolo per offrire una panoramica generale > se te lo sei perso, lo trovi qui.

Nei prossimi articoli lasciamo parlare le cinque donne, cinque storie diverse ma con un filo conduttore comune: la determinazione di andare oltre gli ostacoli e dimostrare che la scienza ha bisogno della loro voce. Il cambiamento è già in atto. 

 

Intervista a Luisa Lazzaroni, Funzionario d’amministrazione presso l’Area della Ricerca Territoriale di Bologna CNR

 

Come si caratterizza la disparità di genere nella ricerca scientifica? e che conseguenze ha o rischia di avere sui percorsi formativi e professionali delle donne del settore? 

Numerosi sono i rapporti a livello nazionale e internazionale, in cui si evince come le ragazze siano brave e sorpassino i loro compagni maschi– non solo alle medie o al liceo, ma anche all’università – nell’ambito di facoltà scientifiche, feudi incontrastati del dominio maschile. Tuttavia, non è sufficiente, dato che in fase di dottorato si registrano i primi rilevanti “cedimenti”: i numeri si riducono sempre più. In Italia solo il 36% delle donne, di fatto, sceglie la ricerca e con poche prospettive di carriera. La scalata della piramide della scienza al femminile, già caratterizzata da una base “risicata”, si assottiglia ulteriormente. Poche sono le donne che arrivano al vertice degli istituti di ricerca e poche sono le accademiche titolate. La carriera, spesso, le mette in contrasto con il loro desiderio di maternità; inoltre, se la competizione è eccessiva, le costringe ad abbandonare. Di fatto il settore della ricerca è dominato dall’universo maschile e gli orari e i modi di lavorare non sono quelli che hanno desiderato e voluto. Inoltre, alle donne sono assegnati meno fondi e, ancora oggi, fare figli è considerato non un fatto di genitorialità, bensì di maternità (anche se le nuove generazioni stanno cambiando approccio a queste tematiche). 

 

 

Perché credi che sia necessario dedicare una giornata alla Donna, scienza e ragazze? 

La giornata dell’11 febbraio deve essere un’occasione importante per riflettere sia sul ruolo fondamentale che le donne svolgono nello sviluppo della conoscenza sia per prendere coscienza dei vari “colli di bottiglia” che donne e ragazze incontrano sulla strada verso una carriera scientifica. È importante sottolineare che la giornata non è dedicata solo alle donne nella scienza, ma anche alle ragazze, dato che parlare di donne e ragazze non è pleonastico. Ovvero, esiste da un lato un problema di accesso a una carriera scientifica per le donne e, dall’altro lato un enorme problema di accesso all’istruzione per le bambine, soprattutto all’istruzione scientifica. Quello dei pregiudizi di genere non è solo un problema dei paesi in via di sviluppo ma, in modo subdolo, è presente nelle società anche più “economicamente” avanzate. 

 

 

Ad oggi, secondo te, quanto siamo lontani dalla parità di genere nel mondo della ricerca? Cosa pensi sarebbe necessario per raggiungerla? 

Siamo sicuramente ancora molto lontani dalla parità di genere nel mondo della ricerca. Prima di tutto, serve un lavoro di educazione e sensibilizzazione sin dall’infanzia per abbattere la diffidenza e i tanti stereotipi che si manifestano a scuola, in famiglia, ovunque, e che vanno a “minare” la fiducia in sé stesse delle bambine e delle ragazze verso le così dette materie STEM. Nella pagina dell’ONU dedicata alla giornata del 11 febbraio si legge: “Negli ultimi 15 anni, la comunità internazionale ha fatto molti sforzi per ispirare e coinvolgere le donne e le ragazze nella scienza. Tuttavia, le donne e le ragazze continuano a essere escluse dalla piena partecipazione alla scienza. Attualmente, meno del 30% dei ricercatori in tutto il mondo sono donne…” 

Quindi è necessario agire anche a livello Paese per aumentare la presenza femminile nelle Istituzioni ed Enti di ricerca. Nel consultare il sito del Ministero dell’Istruzione, Ministero dell’Università e Ricerca, a oggi risulta che su 12 enti di ricerca riportati, soltanto tre di questi hanno un presidente donna (25%). Lo stesso vale per i Direttori d’Istituti di Ricerca, dove le percentuali sono comunque molto basse lo stesso. Inoltre, la situazione emerge in tutta la sua gravità anche in ambito universitario. Se analizziamo il numero delle donne a capo di una università italiana, su 84 università italiane, soltanto sei hanno un rettore donna (circa il 7%). Di fatto, questi dati vanno a evidenziare che per le donne esiste un problema reale di disparità, di opportunità e di accesso, almeno agli apici delle istituzioni scientifiche e culturali. Pertanto, nonostante l’Italia sia un paese in cui formalmente la costituzione garantisce a tutti parità di trattamento e di diritti – “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” – la realtà ci evidenzia quanto tutto questo sia lontano dall’essere pienamente realizzato. 

 

 

Durante il tuo percorso nella scienza, hai mai considerato di cambiare strada a causa di ostacoli legati a stereotipi di genere o pressioni sociali?  

Premetto che non sono una ricercatrice, ma un funzionario d’amministrazione. Essere donna in un ambiente di lavoro non è comunque facile. Tra gli amministrativi le donne sono di più, ma non certamente nelle funzioni apicali, dove gli uomini comunque primeggiano. Questo comunque mai mi ha fatto cambiare strada, anzi al contrario mi ha spinto ad essere ancora più motivata a sostenere le mie idee. 

 

 

Credi che, nella scienza, le donne abbiano oggi la stessa libertà degli uomini nello scegliere e nel costruire il proprio percorso di carriera?  

Il percorso di carriera per le donne non è sempre caratterizzato dalla stessa libertà di cui godono gli uomini. 

Dobbiamo cercare di supportare il genere femminile incoraggiandolo a investire sempre più nelle competenze STEM, in modo tale da lavorare congiuntamente a creare le basi per il raggiungimento della parità di genere, riuscendo così a portare questa cultura dal mondo accademico a quello del la-voro. 

È fondamentale che le donne possano accedere a un più ampio spettro di prospettive in tutto il settore tecnologico-scientifico e promuovere una maggiore diversità per garantire la creazione di soluzioni scientifiche e tecnologie create da una pluralità di persone ricche delle più varie esperienze di vita e in questo modo garantire la totale rappresentanza, anche di genere. 

 

 Qual è la frase più sessista e/o discriminatoria che hai sentito rivolgere a una professionista nell’ambito della ricerca scientifica? Se ti va, raccontaci un’esperienza che hai visto o vissuto.

Nell’ambiente della ricerca scientifica c’è un ulteriore discriminante oltre a essere donna. Fare parte del personale tecnico o amministrativo! E’ un pianeta alieno, che svolge un lavoro spesso inutile, che complica la vita a tutti e fa compilare tante “scartoffie”, complica la vita ai ricercatori, fa solo perdere del tempo ed è il più delle volte di poca utilità. Questo stesso pensiero vale molto spesso per chi fa attività di divulgazione scientifica, ovvero chi si occupa di trasmettere informazioni scientifiche in modo comprensibile e accessibile a un pubblico di non specialisti. Quindi è normale che personale amministrativo che fa divulgazione scientifica si senta dire dal proprio direttore: “Ecco che vuoi fare due lavori inutili insieme. E quindi chi risponde al telefono d’ora in poi se tu vai a raccontare cosa facciamo noi ricercatori?” Realmente successo a me!!! 

In questi giorni sto partecipando con la mia struttura di appartenenza all’organizzazione e gestione di una bellissima Mostra sul Polo Nord: tante donne e tante amministrative e tecnici che si dedicano senza risparmiarsi per raccontare la ricerca! Tanta la partecipazione delle scuole, moltissimi i cittadini e le famiglie, tante le domande e le preoccupazioni di bambini e bambine per il riscaldamento globale e lo scioglimento dei ghiacci. Speriamo di superare i 15.000 visitatori in poco meno di 7 settimane. Qualcuno lo ritiene un lavoro inutile, mentre sono convinta che attività come questa di divulgazione, ovvero essere tra la cittadinanza a raccontare cosa viene fatto quotidianamente dalle ricercatrici e ricercatori possa aiutare la parità di genere nel mondo della ricerca, ma possa anche mostrare l’attività che quotidianamente noi amministrative e tecniche svolgiamo per diffondere tra la gente quanto il mondo della ricerca porta avanti per tutti e tutte noi!
 

Articolo realizzato da Giulia Magnani e Inés Pérez.